Cos’è la cataratta congenita e perché è importante agire presto

La cataratta congenita è un’opacità del cristallino presente fin dalla nascita o che si sviluppa nei primi mesi di vita. Il cristallino, normalmente trasparente, ha la funzione di mettere a fuoco le immagini sulla retina; quando è opaco, ostacola il corretto sviluppo della vista nel neonato. Il problema può interessare uno solo o entrambi gli occhi e, se non trattato tempestivamente, può comportare un grave rischio di ambliopia, ovvero lo sviluppo insufficiente della capacità visiva.

Uno screening visivo precoce è fondamentale poiché nei lattanti il sistema visivo è estremamente plastico, ma anche vulnerabile: una diagnosi ritardata può compromettere in modo permanente la qualità visiva futura. Secondo l’American Association for Pediatric Ophthalmology and Strabismus, la cataratta congenita rappresenta una delle principali cause di cecità infantile potenzialmente prevenibile.

Segnali da osservare: come riconoscere i sintomi nei neonati e bambini piccoli

La cataratta congenita può sfuggire all’osservazione nei primi giorni di vita. Tuttavia, alcuni segnali clinici possono suggerire la presenza di un’opacità del cristallino. Il sintomo più noto è la perdita del riflesso rosso pupillare (detto anche “test del riflesso rosso”), normalmente visibile quando una luce illumina l’occhio del bambino: in presenza di cataratta, il riflesso può apparire attenuato o assente. Altri indicatori di possibile cataratta includono:

  • Leucocoria: la pupilla appare bianca o grigiastra anziché nera;
  • Strabismo: l’occhio o gli occhi non sono correttamente allineati;
  • Nistagmo: movimenti involontari e rapidi degli occhi legati a mancata stimolazione visiva;
  • Scarsa attenzione visiva: difficoltà a seguire gli stimoli visivi o a riconoscere i volti;
  • Fotofobia: fastidio alla luce intensa.

Rilevare precocemente questi elementi permette di anticipare una valutazione oftalmologica approfondita e, se necessario, il trattamento più appropriato.

Classificazione e cause frequenti: quando la genetica entra in gioco

La cataratta congenita può essere monolaterale (un solo occhio coinvolto) o bilaterale. Le forme bilaterali sono spesso ereditarie, anche in assenza di una storia familiare evidente, o associate a condizioni metaboliche e sistemiche, come la galattosemia, le infezioni intrauterine (rosolia, toxoplasmosi, citomegalovirus), o sindromi cromosomiche come la trisomia 21 (sindrome di Down).

Le cataratte monolaterali, invece, si presentano spesso come eventi isolati. Tuttavia, in entrambe le varianti è necessario un approccio multidisciplinare che includa esami genetici, indagini pediatriche e neuropsichiatriche in base al contesto.

È importante ricordare che, secondo l’Journal of Pediatric Ophthalmology and Strabismus, circa il 25–30% dei casi di cataratta congenita è di origine ereditaria con trasmissione autosomica dominante.

Diagnosi: gli esami per confermare e pianificare l’intervento

La diagnosi di cataratta congenita si basa su un esame oculistico completo eseguito entro il primo mese di vita, preferibilmente tra le 2 e le 4 settimane. Gli strumenti principali includono:

1. Test del riflesso rosso: svolto dal pediatra già in sala parto o alla prima visita neonatale.

2. Esame alla lampada a fessura: utile per valutare la densità, la localizzazione e la forma dell’opacità.

3. Ecografia oculare: nei casi in cui non è possibile la visualizzazione diretta della retina.

4. Test funzionali: per definire il residuo visivo e l’interferenza dell’opacità sul normale sviluppo visivo.

La tempistica della diagnosi è cruciale. In caso di cataratta completa o densa, l’indicazione chirurgica viene posta entro le 6–8 settimane di vita per le forme monolaterali e entro i 2–4 mesi per le bilaterali, al fine di prevenire l’ambliopia o la perdita visiva permanente.

Trattamento: quando è necessario l’intervento chirurgico

L’unica cura definitiva per la cataratta congenita è di tipo chirurgico, attraverso l’asportazione del cristallino opacizzato. L’intervento, eseguito in anestesia generale, prevede:

  1. Rimozione del cristallino con strumenti microchirurgici;
  2. Eventuale inserimento di una lente intraoculare (LIO), sempre più frequente anche in età pediatrica nelle bilaterali moderate;
  3. In altre situazioni, uso iniziale di lenti a contatto post-operatorie o occhiali correttivi.

Il delicato periodo post-operatorio richiede un monitoraggio attento, con regolare controllo dell’occhio operato, gestione dell’infiammazione e della pressione intraoculare, e definizione di un protocollo di correzione ottica individualizzato.

Nei successivi mesi o anni, potrebbero essere necessari interventi complementari, come la correzione dell’eventuale strabismo, gestione dell’ambliopia con bendaggio oculare e uso di farmaci cicloplegici (es. atropina).

Dopo la chirurgia: riabilitazione visiva e prevenzione dell’ambliopia

La chirurgia è solo il primo passo. Per garantire uno sviluppo visivo corretto, è fondamentale un lungo periodo di riabilitazione visiva. Il trattamento comprende:

Correzione ottica: con occhiali, lenti a contatto o impianto di LIO, se non già eseguito durante l’intervento.

Terapia antiambliopica: spesso necessaria in caso di cataratta unilaterale. Si basa su tecniche di stimolazione dell’occhio operato come:

Occlusione controllata dell’occhio sano;. Atropina 0,01% per ridurre selettivamente la visione dell’occhio dominante;. Trattamenti ortottici personalizzati basati su esercizi visivi.

Follow-up specialistico: nei primi anni di vita sono previsti controlli frequenti con oftalmologo pediatrico e ortottista, anche ogni 2–4 settimane nei mesi iniziali.

Prognosi visiva e qualità della vita

Le possibilità di recupero visivo sono fortemente legate a tre variabili: precoce identificazione della cataratta, tempestività dell’intervento e adeguata aderenza a occlusione e correzione visiva. Le casistiche mostrano che oltre il 75% dei bambini operati entro 2–3 mesi dall’insorgenza della compromissione visiva possono raggiungere un’acuità visiva pari o superiore a 6/12, soprattutto in assenza di altre anomalie oculari o sistemiche.

La presa in carico precoce da parte di specialisti consente al bambino di accedere a un normale percorso educativo e relazionale, sebbene molti evidenzino una maggiore difficoltà nella lettura fine o nelle attività visive binoculare nei primi anni scolastici.

Conclusioni cliniche e raccomandazioni attuali

La cataratta congenita, nonostante sia una condizione rara, va considerata una vera urgenza oftalmologica neonatale. Nei programmi di screening neonatale, il test del riflesso rosso andrebbe effettuato sistematicamente e, se alterato, seguito da un’urgente valutazione specialistica.

I moderni protocolli chirurgici e riabilitativi hanno radicalmente migliorato le prospettive visive dei bambini affetti. Tuttavia, il successo a lungo termine dipende dalla diagnosi precoce e dalla continuità della cura nei primi anni critici dello sviluppo visivo. Un’informazione adeguata alle famiglie, un follow-up rigoroso e una rete di supporto integrata tra pediatra, oculista e ortottista sono oggi le migliori garanzie per conservare la vista di un bambino colpito da cataratta congenita.